Uno.
Il signor Mangia Fuoco.
Non era un soprannome.
Si chiamava davvero così.
Fuoco, di nome.
Mangia, di cognome.
E tutti, come in un arcaico racconto dell’Italia
degli anni Sessanta, lo chiamavano con il cognome prima del nome. È come dire:
“Salve, Rossi Franco! Freschino oggi qui a Milano!”
Beh, pensala come vuoi, io mi immagino che se
qualcuno mi raccontasse l’Italia degli anni Sessana, il suo racconto
comincerebbe così, in un caffè con la tappezzeria in legno, nella nebbiosa alba
milanese.
Nel frattempo le cose non sono cambiate così
tanto in Italia.
Ma questo a Mangia Fuoco non interessa, perché a
lui l’Italia non interessa, perché a stento si ricorda com’è fatta, perché lui
quell’Italia l’ha lasciata. L’ha lasciata, in una fredda mattina d’inverno,
imbarcato per il Sudamerica, alla luce grigiastra che batteva le spiagge della
costa toscana.
Un solo pensiero, tutto italiano, ma allo stesso
tempo così internazionale, lo inseguiva fin da quei tempi lontani.
Quel burattino, quanto lo odiava, e quanto lo
amava allo stesso tempo. Ma sì che lo conosci, è il burattino più famoso del
mondo!
Certo, lui non ci credeva mica che un burattino
potesse davvero diventare un bambino. Con quelle manine così piccole…brr! Il
solo pensiero della parola “bambino” lo faceva rabbrividire. Nonostante il suo
lavoro, cercava sempre di non far cadere lo sguardo su quei nanetti da giardino
senza barba, che allungavano monete di piccolo taglio al berretto sdrucito che
lui porgeva.
Ridevano, oh come ridevano! Tanto divertiti da
non accorgersi della malinconia nera che luccicava in quegli occhi neri che
spuntavano dalla massa informe di capelli e barbe.
Un mostro che non faceva paura.
Un gigantesco orso, però fatto di peluche.
Della Malinconia
Canto disperato
"Cinque zecchini d’oro.
Il prezzo della mia infelicità,
Il prezzo del successo di uno stupido burattino
animato.
Ora tutti si ricordano di Pinocchio, di Geppetto,
di Gatto, di Volpe, e, probabilmente, anche di quella gran troia della
Turchina.
Tutti famosi: falegnami, ladri e battone, persino
i pezzi di legno marci sono più famosi di Fuoco.
A quei tempi mi acclamavano, il Grande
Burattinaio!
Avevo tutto, fama, donne e zecchini.
T U T
T O
Splendeva il sole a quei tempi, nonostante la
disgraziata, triste, grigia Firenze.
E quaggiù, triste, continuo il mio misero lavoro,
davanti a quattro bambini seduti per terra, attenti.
Attenti!
Non alla storia, intricato intreccio di trame,
fiore all’occhiello di una mente geniale.
Non al burattinaio, dunque, o alle sue mani.
Solo.
Ai Burattini.
Fortuna che oggi non piove!
Qui nella Plaza Victoria”.
continua...